“A Brisighella li ulivi danno frutti sempre così perfetti che ne stilla da essi un olio finissimo....”.

È una delle prime testimonianze dell’olio di Brisighella. Lo scriveva Antonio Metelli, storico brisighellese dell’Ottocento, nelle sue cronache. Molto prima, nel 1594, Andrea Giovanni Callegari, Vescovo di Bertinoro, riferendosi alla Valle del Lamone, in una lettera inviata a Hieronimo Mercuriali, medico del Granduca di Toscana, affermava che: “L’aria, l’acqua, li vini e l’olio e i frutti sono così buoni e saporiti che non hanno invidia a qualsiasi altra regione”.
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“Ai tempi dei Romani…”
Se si retrocede ancora alla ricerca di riferimenti, a testimonianza di quanto sia radicata la coltivazione dell’olivo nella valle del Lamone, si arriva addirittura ai tempi dei Romani. Infatti, sono state ritrovate tracce della sua produzione presso la cripta della Pieve del Thò dove è stato rinvenuto un rudimentale frantoio per olive risalente all’epoca romana.
Dalla storia antica a quella recente.
Dalla storia antica a quella recente. La millenaria coltivazione dell’olivo a Brisighella, sui bei poggi esposti e protetti dai venti freddi fanno di questa zona, posta ai limiti dell’aerare della coltivazione dell’olivo sul versante Adriatico, un unicum estremamente interessante. La varietà predominante coltivata è la “Nostrana di Brisighella”.
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